SAN GIUSEPPE NELL’ULTIMO CAPITOLO GENERALE DEI GIUSEPPINI

15.01.2014 10:44

Si può affermare con piacere che nel documento finale del Capitolo generale XXII (a Buenos Aires nel 2012) la figura di san Giuseppe ha un notevole rilievo. Risulta con evidenza che coinvolge l’identità e la missione del consacrato giuseppino. 

 

Non per niente infatti ogni confratello porta tale nome che indica l’appartenenza a  una congregazione intitolata a san Giuseppe. Fin dalla presentazione è espresso chiaramente: “Affidiamo a San Giuseppe il nostro cammino: la sua premurosa custodia di Gesù vegli sul rinnovamento della nostra famiglia religiosa nel contesto della Famiglia del Murialdo, il suo esempio di educatore ci aiuti a vivere la vocazione che abbiamo ricevuto”. Il suo esempio viene subito collegato alla vocazione e al compito educativo della congregazione. 

 

Il rinnovamento auspicato è benedetto e protetto da lui. Non solo; la sua figura, intimamente legata alla custodia paterna del Figlio divino, si presenta centrale sia per la Famiglia religiosa che nel contesto più ampio dei laici e della Famiglia del Murialdo. Questo sgombra il campo dall’idea sbagliata di chi vorrebbe relegare san Giuseppe ai soli Giuseppini. Il riferimento al suo modello poi è importante non solo per la spiritualità, ma anche per l’apostolato, dato che investe pienamente l’azione educativa. Questa infatti deve sempre rifarsi all’intuizione originaria del carisma, risalente al Fondatore e alle prime regole: “Come Giuseppini riconosciamo nei giovani che educhiamo lo stesso Gesù Cristo bambino e siamo compagni di ministero di San Giuseppe, ottimo educatore” (n. 8 - Costituzioni, 1904).  

 

L’intuizione è duplice: da una parte occorre identificare noi stessi in san Giuseppe “ottimo educatore”, dall’altra  riconoscere nei ragazzi a noi affidati Gesù fanciullo e adolescente che cresce a Nazaret con la sua guida. E’ racchiusa essenzialmente qui la Parola del Vangelo della nostra vita: “chi accoglie uno di questi piccoli nel mio nome accoglie me” (cfr Mc 9,37). 

 

Bisogna ispirarsi all’esempio di Giuseppe per imparare lo stile caratteristico della missione giuseppina: “Nel nostro stile educativo assumiamo alcuni tratti tipici di San Giuseppe, in particolare: condividere la vita, le gioie e le sofferenze dei giovani, vivendo tra loro come amici, fratelli e padri; creando con essi un clima di fiducia e ottimismo affinché l’azione educativa sia efficace. Allo stesso modo il suo spirito di fede ci aiuta a contemplare con umiltà il mistero, nella ricerca fiduciosa e costante dei disegni di Dio” (n. 10 - cfr. Costituzioni 50). I caratteri distintivi dell’umiltà e della carità si imparano innanzitutto da lui. L’impegno a condividere come “amici, fratelli e padri”, spesso si dimentica, si apprende precisamente alla scuola di san Giuseppe. 

 

Lo spirito di fede, messo a dura prova dagli eventi che lo coinvolgono, meraviglioso e concreto come non mai, noi lo troviamo esattamente in lui, nella sua straordinaria avventura trasmessaci dal Vangelo, tanto più in questo Anno della fede. Viene poi ribadito: “Coscienti che la nostra spiritualità educativa considera i giovani poveri come “luogo teologico” del nostro incontro con Cristo, come Giuseppini viviamo la nostra missione nella “pedagogia dell’amore”, centrati nell’educazione del cuore e recuperando la figura di San Giuseppe come modello ed educatore, ma anzitutto come nostro educatore” (n. 27). La pedagogia dell’amore, l’educazione del cuore, l’istruzione al lavoro, la crescita dell’educando, hanno per noi il riferimento più appropriato in questo “maestro singolare” nella bottega di Nazaret. 

 

Il discorso si amplia se parliamo globalmente della Santa Famiglia. Quanta ispirazione ne proviene di conseguenza: “Condividiamo con la Famiglia del Murialdo la passione educativa e l’ansia di evangelizzazione dei giovani, specialmente dei più poveri e abbandonati; uniti negli stessi obiettivi e attività, costruiamo spazi di comunione dove tutti abbiano la possibilità di sentirsi amati, ascoltati, valorizzati e così possano avere una casa, una famiglia come il nostro modello di Nazaret” (n.20). 

 

Viene così a distinguersi anche il metodo della comunità educativa, come “una ben unita famiglia” che si specchia nel modello ideale della Santa Famiglia. “La ricerca dell’equilibrio tra contemplazione e azione segna costantemente la nostra vita, ma non possiamo rinunciare a costruire questa armonia, perché è una ricchezza che caratterizza la nostra identità di religiosi di vita attiva. La nostra è una spiritualità educativa che vede nella famiglia di Nazaret il modello per essere educatori con il cuore di San Giuseppe, maestro di spiritualità per la nostra vita” (n. 21). Educare “con il suo cuore”: questo è dunque ciò che ci caratterizza.

 

Ci viene ripresentata l’icona che ha guidato la stagione capitolare, ossia la perdita e il ritrovamento di Gesù dodicenne da parte dei suoi genitori. Maria trafelata dice al figlio: “Perché ci hai fatto questo? Vedi, tuo padre ed io angosciati ti cercavamo!” (Lc 2,48). E’ un episodio, anzi un mistero salvifico, carico di significato. Afferma perciò il Capitolo: “Esprime la nostra passione di educatori, sul modello di San Giuseppe: cercare il Figlio, Gesù, in ogni giovane; riconoscere in ogni giovane il volto di Gesù”. E ancora:  “Come Maria e Giuseppe, anche noi con passione ed ansia cerchiamo Gesù, nascosto nel volto dei ragazzi e dei giovani, soprattutto quelli emarginati. Lo cerchiamo con la preoccupazione del “ne perdantur”, affinché abbiano pienezza di vita. I giovani sono, infatti, la ragione e il senso della nostra vocazione di consacrati per la missione” (n. 64). Quanto è forte e appassionante lo spirito che da qui si ricava davanti alle sfide dell’urgenza educativa odierna! Infine viene riportata la frase scultorea del vangelo di Luca: Gesù “cresceva in sapienza, età e grazia, con Giuseppe e Maria, nella casa di Nazaret” (cfr. Lc 2,52). 

E il modello pedagogico scaturisce immediato: “Il nostro impegno e il nostro fine sono l’educazione integrale del giovane, lo sviluppo di tutte le sue potenzialità, lo stare accanto a lui, come Giuseppe a Nazaret, nella quotidianità della sua esistenza”. 

 

La formazione integrale rimane l’obiettivo di fondo del nostro agire, diversamente da altre vocazioni nella Chiesa, in equilibrio tra la cura per l’evangelizzazione e la promozione umana. Sono queste, si sottolinea, “Le icone che ci accompagnano nel cammino; le pagine della Scrittura su cui ritornare e da approfondire… insieme”. L’augurio è che diventino davvero il pane quotidiano per la congregazione di san Giuseppe e per l’intera Famiglia del Murialdo.

Al termine del documento capitolare è da porre in risalto che la prima raccomandazione riguarda specificamente l’importanza di san Giuseppe. Merita essere riportata integralmente nei suoi sei punti:

“Il capitolo:

a.- riafferma la centralità di San Giuseppe nel carisma fondazionale, modello per i nostri fondatori e per tutti i Giuseppini come padre ed educatore;

 

b.- ribadisce l’importanza del riferimento alla famiglia di Nazaret e pertanto a San Giuseppe nella pedagogia della congregazione;

 

c.- esorta tutti i confratelli a promuovere la devozione a San Giuseppe secondo l’esempio di San Leonardo Murialdo e dei primi Giuseppini;

 

d.- chiede al “Centro Studi San Giuseppe” di offrire elementi per una devozione biblicamente fondata, legata al carisma e fonte di ispirazione per i nostri progetti apostolici ed educativi;

 

e.- sollecita l’introduzione di un’adeguata e profonda conoscenza di San Giuseppe nella formazione iniziale e permanente; 

 

f.- suggerisce che i confratelli sacerdoti inseriscano sempre nella preghiera eucaristica, dopo il ricordo della Beata Vergine Maria, la frase “con San Giuseppe suo sposo”.

E’ innanzitutto ribadita “la centralità di san Giuseppe” nel carisma fondazionale, come “modello, patrono e titolare”, secondo l’affermazione della Regola, in particolare, dice il Capitolo, come “padre ed educatore”. 

La pedagogia Giuseppina ha il suo punto di riferimento fondamentale nella Famiglia di Nazaret e specialmente in san Giuseppe.

 

Promuovere la devozione a san Giuseppe è nostro compito specifico, come è raccomandato dalle costituzioni e dalla nostra tradizione, dal Murialdo, dal Reffo e dai primi giuseppini, che riconoscevano in ogni bene una grazia ottenuta dal nostro santo.

 

E’ richiesto al Centro studi san Giuseppe della congregazione di offrire elementi per una devozione biblicamente e carismaticamente fondata. Si segnala al riguardo il valido contributo di Pedro Olea “Avvicinandoci a san Giuseppe” (che si può mandare a richiesta). E’ in fase di elaborazione uno studio sulla sua “paternità educativa”.

 

Un’adeguata e approfondita conoscenza del nostro santo viene sollecitata nell’ambito della formazione iniziale e permanente (iniziative, sussidi, giornate da dedicare appositamente…). Anche le riviste Vita Giuseppina e La voce di San Giuseppe possono essere uno strumento.

 

Viene infine suggerito ai celebranti di menzionare ogni giorno “con san Giuseppe suo sposo”, dopo il ricordo della Beata Vergine Maria nella preghiera eucaristica della Messa. Invito che si ricollega all’introduzione del nome di san Giuseppe nel Canone voluta dal beato Giovanni XXIII proprio cinquant’anni fa (13.11.1962). Si era all’inizio del Concilio Vaticano II, di cui l’anno prima con la Lettera apostolica “Le voci” era stato proclamato Patrono – sottolineiamolo - il Custode del Redentore.

L’Anno della fede, il rinnovato impulso conciliare e il sessennio dopo il Capitolo portino dunque il frutto di una riscoperta della figura e della missione di san Giuseppe in congregazione e in tutta la Chiesa.

Angelo Catapano